Succede che ci si rincontra dopo quattro mesi in cui si è lasciato sedimentare e muovere tutto ciò che abbiamo visto, sentito, mangiato ,osservato ad Orani nel nostro primo incontro. Unione di dieci artisti che quasi come per un destino astrale acceso da Chiara Murru, si ritrovano a fare un viaggio insieme. Un viaggio chiamato E-Scape.
Appena rientrata da un’isola del Messico, prendo un aereo per la Sardegna. Anche l’isola messicana mi ha regalato molto e in qualche modo la connetto alla Sardegna: per le stelle grandi, per la natura potente, per il forte magnetismo.
Dal Messico metto in valigia un pugno di sabbia e una grande conchiglia che arriva dal mare e che ha il potere di suonare, toccando note che sono in grado di andare altrove. Sento che avrei dovuto portarla in Sardegna con me assieme a un abito color blu oltremare che ho trovato nell’armadio e che era di mia madre quando aveva 20 anni.
Con questi due oggetti mi riconnetto all’Isola e al lavoro che stiamo andando a manipolare insieme, lasciandolo fluire un po’ come il vento che ci ha accolti.
Cosi con una conchiglia e un vestito azzurro e i piedi scalzi, mi lascio completamente stupire e spostare da ciò che accadrà in quella che sarà la nostra sala prove per questi giorni: un ex mattatoio con il pavimento in legno, ancora poco vibrante perché sempre immobile.
I suoni di Arrogalla ci accompagnano come un soffio di Talco in un nuovo mondo, reso concreto dal toccare cartaceo degli strumenti portati da Carlo Spiga, nuovo arrivo improvviso. Alla ricerca dell’assenza, alla ricerca di chi se ne è andato e forse non tornerà più in questa isola o di che se ne è andato e ancora ha un filo teso di Ossidiana e Silicio, che piano piano tira silente.
In Messico ho incontrato una piccola Sciamana, che mi ha rivelato che moltissimi anni fa l’Ossidiana era presente nel sangue dell’uomo in una piccolissima parte ma che permetteva di poter volare.
Spostare lo sguardo è sempre una cosa che mi sorprende, come iniziare a guardare l’architettura dei non finiti. Chi ci aveva mai fatto caso?
Se vi state domandando cosa siano i “non finiti”, sono case che presentano parti completate e parti lasciate al grezzo, incomplete. E proprio durante le passeggiate nel paese mi rendo conto che Orani è il villaggio dei “non finiti” e che, come dicono Carlo e Frantziscu, anche questo è un segno del nostro E-Scape. I “non-finiti” sono un’eredità lasciata ai figli che potranno completare l’opera, ma probabilmente molti saranno partiti verso il Continente e chissà se torneranno mai. E allora probabilmente il museo dei “non-finiti” rimarrà immobile.
Da questa seconda sessione porto a casa la Ragazza Blu Oltremare e il freddo del Ghiaccio, porto a casa l’impalpabilità del Talco , le ossa che rimangono e la terra che le conserva.
Gli occhi e la pelle dei miei compagni di viaggio, che quasi come un destino astrale, ci ha portato nel paese di Orani a compiere un piccolo atto artistico, che come un sasso nell’acqua avrà il compito di fare sentire l’eco fino al sale del mare.
Orani, che ci osserva in silenzio curiosa, forse diffidente, ma che ormai è parte del processo e come fluidi di diverse densità si stanno fondendo lentamente.
Quindi a molto presto per la prossima sessione, che darà voce e parola allo schiacciare di  noci in una chiesa sconsacrata, che fu un tempo un cimitero e dove ora la Ragazza Blu Oltremare galleggia sorridendo al banchetto di chi non c’è piu.
Elena Annovi
ph. Fabio Sau